Befana 2017: .....lambralalanguabangla.....

 

Alberto Bordogna

IL MITO MUTO

Ci fu un tempo in cui tutti gli uomini parlavano la stessa lingua.
Fu a causa del loro desiderio di costruire una torre presso la quale tutti avrebbero potuto convenire, che Dio decise di disperderli.
Così gli uomini dispersi regredirono ad uno stato di natura del tutto simile a quello in cui si trovano le bestie prive di linguaggio articolato e quindi di ragionamento.

Ma in che modo questi bestioni (o come direbbe Darwin "scimmioni") tornarono a parlarsi e riacquisirono l'umanità perduta ?
Questo il mito non lo racconta ma si potrebbe fare un'ipotesi.

Come fanno i bambini, ancora privi di linguaggio, ad esprimersi ?
Con gesti, cenni e segni che hanno qualche analogia con la cosa che vogliono indicare.
Nello stesso modo si potrebbe ipotizzare che il linguaggio naturale, il primo linguaggio di questi scimmioni, dovette essere una "lingua muta".
Così anche il primo modo di esprimere il proprio essere al mondo di questi uomini-bestie, ossia l'espressione mitica, dovette essere muta.

Un mito-muto come ha spiegato Giambattista Vico:

   "Logica" vien detta dalla voce lògos, che prima e propriamente significò "favola",
    che si trasportò in italiano "favella" - e la favola da' greci
   si disse anco mûthos, onde vien a' latini "mutus", (...)

   (...) onde tal prima lingua ne' primi tempi mutoli delle nazioni (...) dovette
   cominciare con cenni o atti o corpi ch'avessero naturali rapporti all'idee.

    G. B. Vico, Principi di scienza nuova [1744], Mondadori, Milano 1990, vol. I, p. 585.

La lingua comune a tutti gli uomini, la prima lingua naturale, cominciò da un racconto mitico fatto di segni, gesti e cenni, ossia da un linguaggio muto.

La radice comune di tutte le lingue parlate è da ricercare nei riti, nelle feste ma anche nelle istituzioni, che gli uomini crearono nel corso della loro storia e che costituirono i fondamenti della nostra civiltà.

E questo percorso storico si può ancora ritrovare nel significato più profondo delle nostre parole, una volta rimossi tutti i sedimenti e le stratificazioni metaforiche.

I poeti (nel senso vichiano di poietès=creatori) e gli artisti, come archeologi del linguaggio, possono scoprire, sotto l'uso comune delle parole, la lingua naturale comune a tutti gli uomini, quella lingua che prima di essere parlata fu agìta.

Così, ad esempio, il senso più profondo della parola "umanità" (in latino "humanitas"), si deve ritrovare nel rito del seppellire i defunti (in latino "humare"): con questa azione l'uomo compì i primi importanti passi per uscire dallo stato di natura, riconoscendo che i propri simili, persino da morti, meritavano rispetto e venerazione; e che le loro vite non potevano essere ridotte a polvere e fango.

Sono sicuro che quest'anno la Befana, senza parlare, ma con gesti, cenni e segni riuscirà a farsi intendere da tutti, visto che la sua lingua è quella del rito e del mito, il linguaggio muto comune a tutti gli uomini in quanto tali.

Ed in questo modo potrà in-segnare a quanti saranno presenti sulle rive del Lambro il 5 Gennaio, il significato più profondo delle parole "pace", "accoglienza" e "solidarietà".



Dall'87 l'arrivo della Befana sulle acque del fiume Lambro la vigilia dell'Epifania
è diventata una teatralizzazione che si svolge nei pressi del ponte di Agliate (Mi)

Promosso da Associazione Commissione Cultura Alternativa (CCA) di Carate Brianza, dal Comitato per il diritto al Mito-Festa dei bambini e dalla gente della valle del Lambro.
Con il patrocinio e il contributo di:
Provincia di Monza e Brianza - Parco Valle del Lambro
Comuni di Carate, Albiate, Briosco, Giussano, Macherio, Sovico, Verano


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